Interviste Spettacoli

MEDEA NELL’OMONIMA TRAGEDIA DI EURIPIDE: SUGGESTIONI DAI RAGAZZI DELLA IIICcl

Abbiamo dialogato con Marta Rosson e Carlo Millino sulla rappresentazione della Medea di Euripide messa in scena dal regista Federico Tiezzi per la Fondazione INDA

Medea può essere sicuramente considerata una donna straordinaria. Originaria della Colchide, una “terra barbara” oltre le colonne d’Ercole, abbandona parenti, famiglia e amici per darsi alla fuga con il suo amore Giasone, dopo essere diventata un’assassina per aiutarlo a conquistare il Vello d’oro. Giunti a Corinto, i due avranno due figli, ma poco dopo Giasone sposerà la figlia del re Creonte e Medea ne soffrirà enormemente. E’ un amore doloroso, tragico, vendicativo, che la consumerà talmente tanto da portarla a compiere l’atto più empio che possa esistere: l’infanticidio dei suoi stessi figli. “Devono morire, non c’è scelta, e se dev’essere così, sarò io ad ucciderli, io che ho dato loro la vita”, recita Medea verso la fine dell’opera. Come poteva infatti Medea far soffrire Giasone nel modo più atroce? La stirpe è ciò che conta di più per un uomo, i figli sono il bene più prezioso, senza di loro l’uomo è privo di eredi e quindi di discendenza. Medea allora architetta un piano lucido, perfetto, per poi fuggire nella terra dell’amico Egeo, lasciandosi alle spalle un passato di omicidi, sventure, sacrifici e catastrofi. 

La tragedia, da quando è stata messa in scena la prima volta nell’Atene del 431 a.C., fa agitare un dilemma nel cuore degli spettatori che vi assistono: da che parte bisogna schierarsi? Medea o Giasone? Il pubblico infatti, nel corso della rappresentazione, muta pensiero, si emoziona, si immedesima e non sa più da che parte collocarsi.  La protagonista non vive un conflitto tra ragione e sentimento, ma tra due amori, quello materno e quello coniugale, in seguito mutato in odio.  “Quello che mi aveva colpito a suo tempo da lettore e da studioso, e che mi ha colpito ancora di più da traduttore, è la capacità di Euripide di intrecciare la rappresentazione di passioni brucianti e (auto)distruttive con un freddo rigore analitico” ci dice il traduttore Federico Tiezzi.

Questa tragedia, a cui ho assistito nel giugno 2023 al teatro greco di Siracusa, è stata rappresentata in tutta Italia, in quanto il Ministero della Cultura ha assegnato alla fondazione INDA il ruolo di capofila di un progetto per la creazione di un circuito di teatri di pietra italiani. Possiamo quindi valorizzare la partecipazione dei ragazzi della classe IIIC classico, che il 13 settembre, presso il teatro romano di Verona, hanno assistito alla sua rappresentazione. Dunque vi proponiamo le impressioni e le considerazioni di due ragazzi in particolare: Marta Rosson e Carlo Millino che hanno risposto alle mie domande. 

“Rispetto al testo studiato a scuola come valuti la traduzione, la reinterpretazione e la messa in scena da parte del regista?”

 Marta e Carlo concordano: la traduzione è stata ottima ed estremamente fedele rispetto al testo di Euripide, soprattutto nei passaggi principali, non è stata difficile da comprendere né eccessivamente pesante. Per quanto riguarda la messa in scena, ritengono che fosse troppo scarna, con pochi elementi in scena: un tavolo, qualche sedia, dei busti bianchi evocativi del mondo classico; tuttavia essa è risultata di forte impatto soprattutto nei momenti di maggiore pathos, come, ad esempio, nel finale quando, in seguito all’infanticidio, il coro ha sparso sul pavimento della casa di Medea un panno bianco tinto di rosso sangue

“Che cosa hai imparato in più assistendo di persona alla rappresentazione teatrale rispetto a quanto già sapevi dell’opera?” 

 Carlo ci racconta che ciò che lo ha colpito maggiormente è stata la potenza del coro che, ovviamente, non si può apprezzare pienamente attraverso la lettura del testo. Eccellente è stata anche la performance degli attori, che hanno conferito alla tragedia di Medea una sfumatura più moderna. Marta, inoltre, nota che, assodata l’impossibilità di una messa in scena in greco antico, la traduzione, unita alla bravura degli attori, ha saputo comunque valorizzare il testo originale. L’eccessiva enfasi degli attori nella recitazione non è stata apprezzata da tutti, tuttavia Marta sottolinea come questa invece conferisca autenticità ad un teatro greco di 2500 anni fa. 

“Quali differenze hai notato tra la Medea di Euripide e quella messa in scena?

Per Marta e Carlo la protagonista messa in scena è fedele all’originale di Euripide: il lavoro di regia insieme alla bravura dell’attrice hanno saputo evidenziare la metamorfosi del personaggio e l’evoluzione del suo carattere. Carlo infatti sottolinea come all’inizio Medea sia intimorita e riverente nei confronti di Creonte, mentre alla fine si dimostri una donna indipendente ed estremamente crudele, tanto che Marta pensa che le passioni che si agitano nel cuore della protagonista siano il riflesso di uno stato psichico alterato, tipico di una situazione poetica, e quindi lontana dalla normalità. Medea, come tutti gli altri personaggi delle tragedie greche, è estremamente moderna, proprio perché i suoi sentimenti non sono quotidiani, ma estremi e quindi enfatizzati. Medea non è un’eroina moderna positiva, non è un personaggio edificante, è quasi un anti-eroe, quindi un modello da non seguire, in quanto ci troviamo davanti ad un personaggio folle, che incarna la mancanza di equilibrio, tipico della mentalità greca, tra l’anima apollinea e quindi razionale e quella dionisiaca, ovvero gli istinti crudeli e le passioni. Un personaggio da cui non c’è nulla da imparare insomma, fin dall’inizio della storia, fin dai primi delitti e omicidi commessi dalla nostra protagonista, che porta i nostri intervistati a dire che Medea è molto grande nel male

I nostri intervistati mi lasciano solo con una piccola critica riguardante le maschere che sono state adottate durante lo spettacolo: quella di coccodrillo che indossava Giasone e il re Creonte, e quella di coniglio, associata invece ai due figli di Medea. Scelta di regia che io invece ho gradito e che ho ritenuto abbastanza efficace nel suo valore simbolico, anche se non facilmente accessibile: i coccodrilli davanti ai quali Medea si presenta con il costume di uccello rapace rappresentano la crudeltà, mentre i conigli sono simbolo di innocenza.  Marta suggerisce una lettura in chiave femminista, perché Medea è comunque una donna tradita che non vuole essere manipolata da un uomo e ribelle alle convenzioni sociali.

Essendo andata a vedere la tragedia a giugno nella splendida cornice del teatro greco di Siracusa non posso fare a meno che evidenziare ancora di più la potenza del teatro greco, un teatro che emoziona, sconvolge il nostro animo e scava all’interno di esso, soprattutto quello di Euripide. Il coro, la musica, il palco e la scenografia, tutto illuminato al tramonto e al chiarore di luna, suscitano stupore ed emozione nello spettatore, seduto sul medesimo posto, sulla medesima pietra su cui, chissà, era stato magari seduto un greco di 2500 anni fa. 

L’immagine utilizzata è stata realizzata da Francesca Amendola ed è distribuita con tutti i diritti riservati