Laura Berlinghieri 5G
Maurizio Solieri è uno dei musicisti che più hanno contribuito alla formazione di un “gusto italiano” nell’ambito della musica rock.
Il suo nome è il più delle volte affiancato a quello di Vasco Rossi, di cui è il chitarrista dal ’76, ma innumerevoli sono le collaborazioni con artisti italiani o stranieri che hanno impreziosito la sua carriera.
Attraverso questa intervista, cercheremo di conoscere meglio il personaggio di Solieri, immaginandolo nella freschezza dei suoi trent’anni, ma contestualizzandolo, anche, in un presente deprimente, che non può che essere semplicemente accompagnato dallo sbiadito ricordo degli anni, ormai lontani, in cui la musica contava veramente.
Perchè pensi che la musica italiana all’estero sia rappresentata sempre dai soliti nomi, vale a dire Laura Pausini, Tiziano Ferro, Eros Ramazzotti, e non, invece, dai vari Battisti, De Andrè e Vasco?
La musica italiana all’estero è rappresentata da chi ha l’ambizione di farla conoscere, quindi con promozione, concerti, partendo dai piccoli posti, dischi realizzati nella lingua del paese in cui si vuole essere conosciuti ecc. ecc. Nei primi anni ’90 facemmo due bei tour in Europa e Canada con Vasco, ma Vasco preferisce l’Italia anche se sono convinto che con un po’ di lavoro piacerebbe moltissimo anche all’estero, il rock ‘n roll è un linguaggio internazionale. Tanti anni fa, parlando con Eros Ramazzotti, mi disse che lui in Gemania iniziò cantando nei programmi televisivi per i più piccoli, per poi arrivare al successo negli stadi.
La situazione attuale della musica in Italia è, come ben sai, a dir poco penosa e una parte di questa colpa la attribuirei a una società fondata sull’apparire e governata dal “Dio Denaro”.
Probabilmente i musicisti della tua generazione sono stati “troppo geniali”: hanno rivoluzionato il modo di concepire la musica e ora non c’è più nulla da inventare. Si dice che quando si tocca il fondo poi si risale. Mi sembra che il fondo lo abbiamo toccato da un pezzo, ora risaliremo?
Il grosso problema attuale è che è tutto massificato, i media e la Tv in particolare hanno creato nei giovanissimi l’illusione che tutti possano diventare ricchi e famosi velocemente, (per poi scomparire altrettanto velocemente), arricchendo le società che stanno dietro a questi reality e creando dei business che ledono anche noi professionisti, promuovendo una generazione di bravi esecutori con spesso poca creatività. Una volta, il pubblico amava la musica, si informava, era curioso, adesso sono pochi a farlo, si grida al genio e al miracolo spesso per personaggi a dir poco modesti. Io credo, e questo succede anche all’estero, che se non cambiano le cose, di grandi artisti capaci di lasciare tracce incancellabili difficilmente ne nasceranno ancora, non ci sono le condizioni storiche perché questo possa succedere.
Nel tour 2008 hai usato in alcuni pezzi la chitarra acustica presente anche nel Medley a S.Siro 2003. Puoi parlarci di questa particolare chitarra?
E’ una Gibson Chet Atkins che ho da 10 anni, credo non più in produzione, con cassa Solid Body, quindi nessun problema di feedback, con un manico molto comodo e veloce.
Com’è nato il tuo storico soprannome “bellissimo e abbronzatissimo”?
Era il modo con cui Vasco mi presentava già nei primissimi concerti, ogni musicista della band veniva descritto con questi toni volutamente e scherzosamente esagerati, come faceva e fa Bruce Springsteen: si vede, che quando all’epoca fu registrato l’album live, ero appena tornato dal mare!!!!!!
Il 1988 è stato l’anno in cui la Steve Rogers Band ha smesso di suonare con Vasco Rossi. Per quale motivo avete deciso di interrompere questa collaborazione e perché, due anni dopo, la band si è sciolta?
Massimo Riva fremeva per avere una carriera musicale di successo in prima persona, il produttore aveva litigato con Vasco, la Steve era ai primi posti delle classifiche di vendita per cui eravamo tutti un po’ confusi. Allora eravamo molto artisti e pessimi manager di noi stessi, molto impaziente, non abbiamo saputo mantenerci una band che aveva molto successo. Col senno di poi, si sarebbero potute fare entrambe le cose.
Con quali grandi chitarristi internazionali hai avuto l’opportunità di suonare nel corso della tua carriera? E chi ti ha colpito maggiormente?
Con chitarristi no, ho fatto un bel duetto nel 2006 con Skin, la fantastica cantante degli Skunk Anansie, che recentemente si sono riformati.