di Linda Fort (Franchetti)
“Un albero non diventa solido e robusto se non è continuamente investito dal vento e sono queste raffiche che ne fanno il fusto compatto e ne rinsaldano le radici, che si abbarbicano con maggior forza al terreno; fragili sono invece quegli alberi che crescono in una valle tranquilla”. Così scrisse Seneca nel trattato De Providentia, dove tocca il problema del bene e del male, e del perché a molte persone buone accadono molte sventure (“Quare multa bonis adversa eveniunt”).
Secondo Seneca è impossibile che a un buono possa succedere qualcosa di male, poiché i contrari non si mescolano (ad esempio lo Yin non si potrà mai fondere nello Yang divenendo una cosa sola, e viceversa); inoltre dimostra che ciò che gli uomini comuni chiamano “male”, “sventura”, “cattiva sorte”, non è tale per i buoni, bensì un mezzo con cui Dio sperimenta la loro virtù e mette in luce la sua benevolenza nei loro confronti – il concetto della “provvida sventura”. Così quanto ai nostri occhi appare negativo è un bisogno legato all’equilibrio della vita, per evidenziare e far capire tutto ciò che per i nostri standard è definito bello. Come la pioggia d’inverno, che rabbuia le nostre giornate; se non ci fosse, però, non apprezzeremmo il sole, poiché sarebbe taken for granted, ossia dato per scontato. Al contrario d’estate la pioggia è l’acqua rinfrescante e rigenerante che allevia il peso del caldo opprimente. Ecco l’equilibrio. E per questo bisogna combattere contro il “male”, e ancora, tutto accade per una ragione, a noi sconosciuta o meno.
“[…] l’assalto delle avversità non intacca l’animo dell’uomo forte: questi rimane saldo nel suo stato e nelle sue convinzioni, piegando gli eventi a sé, non sé agli eventi, perché ha un potere superiore a tutto ciò che lo circonda. Non dico che sia insensibile alle avversità, dico che le vince, e anche se abitualmente è tranquillo e pacifico, quando quelle gli si scagliano addosso sa ergervisi contro e respingerle”.
Un 2 in matematica: la disperazione. Un 7,5 dopo ripetizioni, fatica e lacrime: l’euforia. Un 4: la ricaduta nella disperazione, e fa capolino la rassegnazione, e il sapore della sconfitta, perché ormai si sta chiudendo il quadrimestre, e nemmeno un 6 in orale può salvare da un 5 in pagella. Sono cose che chiameremmo “un’enorme sfortuna”, vero? Ma sono importanti per darci uno scossone quando non stiamo adempiendo al nostro dovere, per riportarci al bene – ad esempio, in questo caso, ad almeno una sufficienza, più tranquillità, nella consapevolezza di non rischiare di passare un’estate con l’angoscia dell’esame di recupero a settembre… Che talvolta non va proprio giù, ma forse si tratta di un male necessario per ritrovare il bene e poterlo apprezzare di più, necessario per farci migliorare.