Di Marco Visentin – IC Classico
Le luci saranno accese ancora per pochi minuti, l’arredamento è già stato rimosso. I pochi astanti non piangono, ma i volti sono tirati e stanchi, e a ragione: il luogo in cui si trovano, ormai tanto simile a un deposito, fino a poche ore prima era un teatro. Ora non più. È il 29 gennaio e la cerimonia di addio al Teatro della Murata è appena terminata.

Ha tutto inizio alle 17, ma chi è lì già da qualche minuto ha potuto vedere lo squallore di un luogo che prima era magico; un teatro svuotato, ferito. Non vi è più nulla: i posti a sedere sono stati rimossi, dietro le quinte solo muri imbiancati.
Dopo un breve discorso di saluto, due clown intrattengono il pubblico con una divertente scenetta in cui cercano a più riprese, ma senza successo, di rimuovere l’insegna del teatro dal suo alloggiamento. Infine, però, per quanto anch’essi si mostrino dispiaciuti, anche l’ultimo segno di 45 anni di storia teatrale scompare. Altrettanti palloncini bianchi sono liberati nel cielo e a poco a poco volano via, finché nessuno può più vederli.
Allora lo sguardo si volge verso quel luogo in cui in molti hanno vissuto, gioito e sofferto insieme ai vari personaggi: il manifesto appeso all’uscio è già pieno di frasi commosse, talune anche in greco antico.
“Οὐκ ἀποθνῄσκεις” si vede scritto. Ma in realtà il teatro ormai è morto, nessuno più potrà sognare al suo interno, ascoltare, guardare e perdersi nella meraviglia.
Una cantante di musica gospel e uno lirico coinvolgono per alcuni minuti il pubblico nel cortile, mentre all’interno sono sempre più i messaggi lasciati nel libro degli ospiti.
Infine è il turno di Matilde Tudori, attrice della compagnia del Teatro della Murata e insegnante dei corsi di recitazione, di terminare la cerimonia, leggendo un brano di Ingmar Bergman, drammaturgo svedese. E quel brano – che “speravo di leggere in una situazione diversa” – sembra ormai una presa in giro: Ibsen esalta il teatro, l’unico luogo in cui si sente veramente a casa, dove è se stesso.
Così il Teatro esala il suo ultimo respiro.