di Giovanni Saccon, V A Scientifico
/2 Questa è la seconda di tre interviste ai candidati alla Camera dei Deputati nel collegio di Venezia. Oltre a Michele Mognato, candidato con Liberi e Uguali, abbiamo intervistato Nicola Pellicani (centrosinistra) ed Enrico Schenato (Movimento 5 Stelle), mentre Giorgia Andreuzza (centrodestra) ha ritirato la propria disponibilità.
Stiamo vivendo un momento storico in cui i giovani sembrano assai distanti dal mondo della politica. Come dobbiamo interpretare questo fenomeno? Esiste forse una crisi dei valori democratici?
Innanzitutto bisogna parlare di una distanza fisica tra i giovani e la politica. Sono infatti sempre meno i giovani che si dedicano alla politica anche per la scomparsa della figura del partito, trasformatosi da partito di militanza in partito d’opinione. Inoltre vi sono stati dei cambiamenti nel panorama politico recente che hanno portato alla progressiva scomparsa di passione politica nel mondo giovanile. Il fattore forse più influenzante l’importanza data alla figura del leader: i partiti non sono più rappresentati da idee e valori condivisi ma dai loro leader. Così facendo molti non parlano più di Partito democratico, Movimento 5 stelle o Forza Italia, ma piuttosto di Renzi, Di Maio o Berlusconi. Specchio di questo cambiamento sono le ultime leggi elettorali, per cui è la leadership di partito a formare la squadra di governo successivamente al voto come in questa tornata elettorale possiamo vedere. Tutto ciò diventa ostacolo per i valori di pluralità e democrazia su cui deve essere basata la politica. Pietro Grasso si propone quindi come un “caposquadra” e non come leader di Liberi e Uguali.
Proporre un modello fiscale più progressivo ma allo stesso tempo abolire le tasse universitarie appare quasi come un controsenso. In che modo possiamo agevolare gli studenti più in difficoltà economica, senza però far pagare le tasse a chi se lo può permettere?
“La proposta di abolire le tasse universitarie è una soluzione per cercare di arginare il problema dell’abbandono universitario. La spesa dedicata all’istruzione universitaria verrebbe coperta grazie all’aumento dei contributi pagati dai cittadini più ricchi, agevolando così non solo le fasce di popolazione più a rischio povertà ma anche gli studenti provenienti da famiglie del ceto medio, che spesso si trovano a sostenere costi proibitivi per quanto riguarda libri, alloggio e vitto per i loro figli che studiano fuorisede.”
Oltre a una mancanza di volontà politica da parte dei giovani vi è un disinteresse crescente per il nostro patrimonio culturale, combinato a un costo elevato della cultura. Il governo Renzi-Gentiloni ha cercato di ovviare a questi problemi con manovre come il buono per i diciottenni. Liberi e Uguali che politiche in questo senso intende attuare? C’è la volontà di proseguire lungo i passi del governo precedente?
Alla base di questo problema vi è anche l’idea che è stata trasmessa durante un ventennio di politica italiana, ovvero che “con la cultura non si mangia”. L’ultimo governo si è mosso per cercare di far ripartire il paese sotto questo aspetto ma c’è ancora molta strada da fare. I voucher possono essere una risposta a un’emergenza ma non possono essere una soluzione definitiva. Bisogna investire in luoghi di creazione, fruizione e condivisione della cultura. Non basta avere un buono per andare al cinema ma bisogna anche che registi emergenti abbiano la possibilità di fare i film. Si deve quindi fare massici investimenti per ridare alle città luoghi dove i giovani possano condividere e creare la cultura, e socializzando probabilmente potranno contribuire alla ricostruzione di una comunità.
Secondo ISTAT il Jobs Act ha contribuito a far crescere il tasso di occupazione. Non temete che la sua abolizione possa far aumentare la disoccupazione?
Bisogna interrogarsi però non solo riguardo alla quantità dell’occupazione ma anche riguardo alla sua qualità. Per questa ragione Liberi e Uguali ritiene necessario il ripristino dell’articolo 18 a tutela dei lavoratori e l’abrogazione del Jobs Act, che ha provocato una precarizzazione del lavoro e la progressiva scomparsa dei contratti a tempo indeterminato. Questa mancanza di maggiori tutele provoca la paura di rimanere disoccupato da parte del lavoratore, che è quindi più disposto ad accettare pessime condizioni lavorative. Sono quindi necessari massicci investimenti pubblici per reindirizzare le politiche industriali verso lo sviluppo in ambito di innovazione, tecnologia e progettazione. Tutto questo favorendo le imprese che rimangono nel territorio, grazie a una riduzione del costo del lavoro per le suddette imprese. A questo proposito è stato presentato in parlamento un emendamento che obbligherebbe le aziende che delocalizzano, come nel caso Embraco, a risarcire tutte le eventuali sovvenzioni statali ricevute. Inoltre è necessario che l’Europa faccia fronte comune per garantire maggiore regolamentazione dei salari in tutta l’Unione e che escluda dal deficit nazionale degli stati membri gli investimenti in salute sociale.
Il progetto in ambito di politiche ambientali è ambizioso ma sicuramente si tratta di uno dei temi a noi più cari. Quale ritiene che debba essere la posizione dell’Italia e dell’Europa dei cosiddetti “grandi inquinatori” come gli Stati Uniti, la cui amministrazione sembra voler vanificare l’impegno di anni di duro lavoro?
Partendo dalla tutela delle micro-realtà più a rischio, come la zona non ancora bonificata di Porto Marghera e altre zone del veneziano, nel territorio italiano bisogna attuare in primis grossi investimenti di riqualifica nel pubblico e nel privato e una lotta allo smaltimento illegale dei rifiuti su scala nazionale ed internazionale. Per quanto riguarda i rapporti internazionali in materia di tutela dell’ambiente bisognerebbe sanzionare i grandi inquinatori in maniera compatta come Unione Europea, senza però scatenare una guerra economica che risulterebbe deleteria per le economie di tutti gli stati. Questo sarebbe possibile non solo assumendo una posizione unita come Europa ma soprattutto con la presenza di istituzioni sovranazionali che fungano da garanti nell’interesse della salute del pianeta.
Liberi e Uguali sembra relegare in secondo piano un tema cruciale per gli elettori: l’accoglienza dei migranti. Qual è secondo voi la giusta risposta ai fenomeni migratori?
Crediamo che la chiusura delle frontiere, né da una parte né dall’altra del Mediterraneo, non possa essere una risposta seria e giusta al problema dell’immigrazione. Il fenomeno va affrontato come un problema strutturale, cercando di eliminare le cause del fenomeno stesso. Questo si può fare soltanto con un piano concreto di lotta all’inquinamento, causa della desertificazione del continente africano e grazie al sostengo alla cooperazione internazionale e a politiche di sviluppo dei Paesi più poveri. Questa strategia, che darà frutti nel medio termine, deve essere accompagnata da una posizione ferma in Europa per quanto riguarda le responsabilità di ogni Paese nel farsi carico dei migranti che sbarcano sulle coste italiane. Per quanto riguarda l’accoglienza nel territorio nazionale, è necessario investire al fine di garantire opportunità occupazionali soprattutto nel volontariato e in servizi civilmente utili dei migranti, poiché il sovraffollamento dei centri di accoglienza dovuto alla mancata redistribuzione dei migranti in Europa è origine di fenomeni come la ghettizzazione o il reclutamento degli individui più deboli tra la manovalanza della criminalità organizzata, che lucra sulle condizioni di difficoltà in cui vivono spesso i migranti.