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Per non morire mai

di Annachiara Gambardella I A cl

 

Si è svolto martedì 11 marzo, presso il Liceo Franchetti, l’ultimo incontro di storia dedicato al centenario della Grande Guerra: si è parlato della memoria dei caduti e della monumentalistica. Relatrice la dottoressa Lisa Bregantin, autrice del saggio Per non morire mai. La percezione della morte in guerra e il culto dei caduti nel primo conflitto mondiale ed. Il Poligrafo.

 

Le società del passato facevano in modo che il ricordo, sostituto della vita, fosse eterno e che almeno la cosa che esprimeva la Morte fosse essa stessa immortale: era il Monumento.  

                                                          Roland Barthes, La camera chiara.

 

Il monumento è immortale. E’ testimone immobile della vita frenetica che accomuna ormai tutti gli uomini. Lui sta lì, fermo, e osserva. Osserva le vite che gli scorrono davanti. Passi, sguardi, sentimenti. Immutato. E’ il passato che mantiene il contatto con il presente. Ma il presente? Il presente mantiene ancora il contatto con il passato? O tenta addirittura di allontanarlo più di quanto già lo sia? I monumenti della Grande Guerra vengono decentrati, vengono sostituiti, privati del loro valore originario. D’altronde oggi non servono più. Non rappresentano più la sostituzione incorruttibile degli innumerevoli caduti in guerra, non svolgono più il compito di dare esequie ai corpi distrutti. Il valore affettivo è venuto meno, sono venuti meno gli affetti.

Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Roncade (Tv)
Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Roncade (Tv)

E così i cippi, le lapidi rimangono avvolti dalla boscaglia: la prima fase di monumentalizzazione, quella voluta dai soldati al fronte, rimane a noi celata, quasi del tutto sconosciuta.

Il tempo ha sottratto loro, gradualmente, il significato più profondo; da luogo di assorbimento del lutto, luogo in cui si piange il compagno, il figlio, il marito morto senza sepoltura, il monumento, in una seconda fase, è andato trasformandosi in simbolo di un determinato messaggio politico e propagandistico. Ed ecco che è diventato allora emblema dell’eroismo atemporale che ha contraddistinto la Vittoria e che è stato proprio del soldato italiano che, stilizzato e nudo -caratteri che manifestano un ritorno alle forme della classicità- non viene più apprezzato nella sua umanità.

E, dopo la fase in cui i monumenti potevano essere utili solo alla costruzione di cannoni, attraverso la fusione delle parti metalliche, essi subirono una perdita di personificazione: al termine della Seconda Guerra Mondiale, furono ospiti di tutti i caduti. Questo destino comune a molti monumenti della Prima Guerra Mondiale, a lungo discusso, ha implicato, come è stato sottolineato dalla Dottoressa Lisa Bregantin, e dal Professor Carlo Franco, la sottrazione del significato stesso di monumento: ricordare tutti equivale a non ricordare nessuno. Così come stratificare significati, risemantizzare, finisce per far dire ai monumenti qualcosa che mai, nell’intenzione, avrebbero voluto dire.

Se inizialmente queste opere avevano comportato la prima forma di unità del Paese, questa scelta, unita all’approccio disinteressato della modernità, ha determinato la scomparsa di un’identità collettiva senza la quale risulta difficile, purtroppo, comprendere il nostro presente.