di Riccardo Indelicato 5E
Di recente alcuni studenti del Liceo Scientifico G. Bruno hanno partecipato ad una visita a Porto Marghera, organizzata nell’ambito del Progetto La città ConTemporanea 2012-13 con la Fondazione Pellicani. Il “tour”, molto significativo da diversi punti di vista, economico, storico, ambientale, ha permesso di approfondire alcuni aspetti di questo grande centro industriale, che a scuola vengono trattati raramente e di cui molti alunni ignorano l’esistenza. Porto Marghera viene sempre associato ai problemi degli scorsi anni legati al Petrolchimico, oppure a quelli che riguardano l’impatto ambientale che le intense produzioni hanno comportato. Si tratta di argomenti attuali e più volte affrontati nell’ambito sociale, politico e culturale; basti pensare a La fabbrica dei veleni di Felice Casson o a Petrolkiller di Gianfranco Bettin e Maurizio Dianese, opere che hanno sviluppato la questione del CVM (Cloruro di Vinile Monomero). Tuttavia si parla raramente della storia di questa area industriale, o delle possibilità che offre a tutt’oggi. Porto Marghera è un progetto che risale al 1917, lanciato da Giuseppe Volpi, l’ imprenditore-politico che cercò di promuovere la città di Venezia con una serie di proposte, come la Mostra del Cinema, inaugurata nel 1932. Nei primi anni Porto Marghera era l’orgoglio del Veneziano e da allora si è assistito ad un’immigrazione di massa dall’area circostante, sia dalle campagne del Veneto che dal Meridione. Infatti è in questo modo che si sono venute a popolare Mestre e Marghera, città a stretto contatto con la zona industriale. Le ciminiere fumanti allora erano segno di industrializzazione e prosperità per gli entusiasti abitanti del luogo, non di inquinamento. Porto Marghera ha offerto circa 30.000 posti di lavoro, e un padre di famiglia che aveva l’opportunità di lavorare in uno di questi impianti poteva ritenersi fiero e soddisfatto del proprio impiego. Il punto in cui si trova il porto è estremamente strategico, tuttora è utilizzato per scali e commerci essendo ponte di collegamento tra Oriente e Occidente. L’entusiasmo causato dai privilegi economici ha completamente oscurato i problemi ambientali, riaffiorati soltanto negli anni successivi, il che ha portato alla chiusura di molti impianti. Oggi, girando per la zona industriale, si riscontra una duplice realtà: da un lato costruzioni moderne dedite alla ricerca e alla produzione di merci (per esempio il Vega), e dall’altro una situazione di decadenza, rassomigliante ad uno scenario post-apocalittico, di enormi fabbriche e costruzioni abbandonate, degradate dal tempo. Ci sono ancora industrie, in funzione da molti anni, che comunque resistono e sopravvivono. E’ il caso della centrale dell’Enel, che sin dai primi anni di Porto Marghera, produce energia per abitazioni e industrie di tutta la zona. Questa attività è pienamente in funzione, vi è un continuo afflusso di carbone, che viene riconvertito in energia elettrica. Tuttavia si tratta di un’attività che non potrà durare ancora a lungo, infatti le emissioni, benché controllate, non risultano ormai più compatibili, e i costi per renderle tali non renderebbero conveniente la produzione stessa. Camminando per le vie di questo sito straordinario ci si rende conto che la presenza industriale ormai è ridotta al minimo. Ciò che rimane è una scommessa aperta che consenta un rilancio, una nuova forma di sviluppo, capace di conciliarsi con l’ambiente e la salute.