Il nostro angolo

Avatar: una famiglia, una storia

Avatar: la Via dell’Acqua

Una famiglia, una storia

Ci risiamo. Dopo tredici anni tornano sul grande schermo gli esseri blu del pianeta Pandora. Il film Avatar: la Via dell’Acqua è il risultato di una lunghissima attesa, necessaria per sviluppare le avanzate tecnologie che valorizzano al meglio l’opera. La curiosità è tanta, ma riuscirà il sequel a tener testa, o addirittura superare, il successo del primo film.

Nel secondo capitolo di Avatar l’umanità non si accontenta di studiare e confrontarsi con la specie intelligente umanoide dei Na’vi, ma ne vuole anche usurpare le risorse, noncurante del danno ambientale e delle perdite di vite che ciò comporterebbe (ci ricorda qualcosa?). Attraverso il potere dell’amore e della giustizia, gli alieni, supportati da pochi umani fedeli, riescono a trionfare e scacciare gli invasori. Se il primo film si sofferma a lungo sull’affetto che nasce tra Jake Sully, ex militare rimasto paraplegico, e Neytiri, principessa del clan degli Omaticaya, il sequel racconta la storia di una famiglia, quella dei Sully. «I Sully restano sempre assieme», questo è il loro motto, ripetuto spesso nel corso del film. Le azioni dei personaggi sono guidate da un forte senso di appartenenza alla famiglia. Il padre è severo e apparentemente distaccato. La madre è amorevole e disposta a combattere in prima linea per ciò che è giusto. Il fratello maggiore è sempre pronto a difendere i più piccoli. Il fratello di mezzo desidera  dimostrare continuamente il suo valore. La sorella minore deve infondere tenerezza e il desiderio di un futuro migliore per i figli. La sorella adottiva ha una storia misteriosa ed è molto sensibile, più di quanto si pensi sia possibile.  Il fratello adottivo umano è combattuto tra scelta di seguire l’esempio del suo sangue o di ascoltare il suo cuore.

Il messaggio del produttore Jon Landau è chiaro: «è quello di accettare le persone anche se sono diverse da noi, rendendo le differenze i punti di forza». Non importa che uno sia umano o Na’vi, tulkun o ilu, terrestre o acquatico. Tutti condividiamo la stessa casa, il pianeta Terra (o Pandora), e abbiamo il dovere morale di vivere in armonia con essa e con le sue creature.
Un altro tema del film è quello dei rifugiati, come i Sully, costretti a chiedere asilo a una popolazione spesso diffidente, se non addirittura ostile. Dopo un po’ di tempo e grazie all’assimilazione della cultura locale, la famiglia riesce a integrarsi, ma non senza aver rischiato la vita in molteplici occasioni. La differenza spaventa tutti, nemmeno una specie aliena inventata è migliore, ma bisogna imparare a guardare la varietà con occhio nuovo, cogliendo le incredibili possibilità di miglioramento a cui un confronto può portare.

Se la scenografia del primo film era spettacolare, quella del sequel è senza dubbio travolgente, immersiva e impareggiabile. Per quanto si possa mettere in discussione l’incisività della trama, il mondo ripreso è mozzafiato. Dai luoghi, alla flora, alla fauna, tutte le riprese presentano un panorama indimenticabile. L’abilità del regista James Cameron traspare chiaramente nelle riprese marine, in cui gli attori sono stati costretti a trattenere il respiro sott’acqua per diversi minuti. Dal momento che la maggior parte delle scene sono subacquee, se gli attori riuscivano a rimanere in apnea il più a lungo possibile, le riprese duravano meno. Impressionante il record dell’attrice Kate Winslet, prima detenuto da Tom Cruise: 7 minuti e 14 secondi sott’acqua senza mai respirare. Il regista non voleva che le riprese subacquee venissero simulate, poiché il suo obiettivo era di renderle il più realistiche possibile. Di conseguenza, Cameron e il suo team hanno progettato una nuova tecnologia di motion capture (n.d.r.  il processo di registrazione del movimento del corpo umano o di oggetti) specifica per tale  genere di riprese. Inoltre, è stata costruita una vasca contenente 3,4 milioni di litri d’acqua da utilizzare anche per tutti i futuri film della serie.

I costi per la produzione si aggirano intorno ai 250 milioni di dollari, rendendo Avatar 2 il film più costoso della storia del cinema. L’investimento è stato però ripagato, tanto che ha ottenuto un incasso complessivo di 2,3 miliardi dollari, di cui 45 milioni di euro in Italia. Il successo non è stato evidente solo al botteghino, ma anche la critica generalmente ha acclamato a gran voce il film, salvo qualche critica alla trama (definita, per esempio, «blanda» da Peter Bradshaw). La popolarità è stata confermata dalla nomina a 4 Academy Awards. Un successo tanto grande non può essere attribuito alla sola nostalgia alimentata dai tredici  anni di attesa dal primo film. Piuttosto Avatar 2 è stato uno dei primi film che meritasse veramente la visione sul grande schermo, dalla riapertura delle sale dopo il COVID-19, grazie ai nuovi temi sociali che ne arricchiscono la trama e alla scenografia fenomenale che è il marchio di fabbrica di tutti i film della serie.

 

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