Quest’anno l’industria dell’animazione ha ottenuto un’enorme vittoria. Agli Oscar 2025, per la categoria “Miglior film animato”, Flow – Un mondo da salvare, un film indipendente, è riuscito a battere titoli come Inside out 2 e Il robot selvaggio, sovrastando per un’intera notte colossi come Disney e DreamWorks. Ma non è solo una statuetta d’oro ciò che questo film ha ottenuto, bensì è riuscito a dare a sua volta qualcosa di più significativo e duraturo: una speranza a tutte quelle persone che rinunciano spesso ai propri sogni perché li ritengono irraggiungibili.
Ecco dunque la prova che si sbagliano, che niente è veramente impossibile. Quella statuetta, quella notte, ne è la prova materiale.
Solamente venti. È questo il numero di animatori che hanno realizzato il film, un team che non ha mai superato i quarantacinque membri. Impressionante è stato poi il budget, che ammonta a 3,5 milioni, una cifra che confrontata ai quasi 300 milioni di Inside out 2 risulta sbalorditiva.
Ancor più sorprendente è poi il modo in cui il film è stato realizzato: ovvero attraverso Blender, un software 3D gratuito.
Concepito presso Dream Well, uno Studio in Lettonia, e realizzato in Francia e Belgio, Flow è la prima opera interamente finanziata e prodotta in Europa a vincere l’Oscar per questa categoria.
Il regista lèttone Zilbalodis, ad appena trent’anni, è diventato il più giovane vincitore dell’Oscar al Miglior film animato, dimostrando a tutti che non servono né soldi né parole per raccontare una storia.
Flow è un film visivo, completamente privo di dialoghi, se non per la presenza dei versi (perlopiù reali, realizzati registrando i nostri amici a quattro zampe) degli animali, che non sono antropomorfi o stravaganti, ma si comportano nella loro naturalezza come tali. Perciò se vi siete domandati almeno una volta il modo in cui gli animali riuscissero a comunicare tra loro, forse dopo la visione di questo capolavoro vi sarete resi conto che semplicemente le parole, dove le azioni sono presenti, arretrano in secondo piano.
In questo film ci troviamo in un tempo indefinito, immersi in un’ambientazione che ha un che di fantastico e dove l’essere umano sembra scomparso; la storia che ci viene raccontata ha come protagonista un gatto, la cui pacifica vita quotidiana a cui era abituato viene stravolta dall’arrivo di una mastodontica alluvione, che ingoia tutto ciò che trova nella sua folle corsa.
Al felino, solo in quelle terre ormai completamente sommerse dalle acque, non resta che salire a bordo di un’imbarcazione, concepibile in un certo senso come una sorta di arca biblica dalle dimensioni decisamente ridotte. Qui infatti non sarà solo, ma al capibara, “iniziale proprietario” della nave, si uniranno una serie di animali completamente diversi fra loro, come un labrador che segue ciecamente gli altri, un lemure materialista e un uccello altruista. Tutti loro, compreso il gatto indipendente e solitario, dovranno imparare a collaborare per adattarsi al cambiamento.
Il finale di questa pellicola cinematografica è aperto alle interpretazioni degli spettatori, ma è certo che Gints Zilbalodis, senza usare alcuna parola è riuscito a far amare e comprendere a tutti una storia che ci mostra come sia fondamentale supportarsi a vicenda per sopravvivere al turbolento flusso (o se preferite flow) della vita. Perché è così che dovrebbe funzionare il mondo: se il flusso diventa troppo forte, porgi avanti una mano, per aiutare.
L’immagine utilizzata per la copertina proviene da: https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Blender_4.4-splash_screen.png ed è distribuita con licenza Creative Commons ed è stata adattata alla pubblicazione con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.