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Gioventù bruciata

di Daiana Padeanu 5B

È come se avessero preso l’anima dei giovani e l’avessero trasformata in una società per azioni: queste creature appartengono a tutto ciò in cui sono scisse e sempre meno a se stesse. Attribuire la vacuità di cui sono vittime solo alla naturale metamorfosi dei costumi (protagonista fisiologica di tutte le ere della storia umana) sarebbe piuttosto irresponsabile, poiché significherebbe imputare ogni responsabilità, ogni passo sbagliato compiuto in tempi recenti, a una predestinazione a cui non si sarebbe potuti sfuggire in maniera alcuna. Ma è viva in noi tutti la consapevolezza che in verità, con impegno e amore, si sarebbe potuto fare qualcosa per non ritrovarsi con il nulla tra le mani.

«Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell’intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all’epoca mussoliniana, di una irregimentazione superficiale, scenografica, ma di una irregimentazione reale che ha rubato e cambiato loro l’anima.»

Con queste sensate parole Pier Paolo Pasolini parla ed espone il problema della gioventù, vittima di un consumismo incantatore che scava e svuota le menti di future donne e uomini potenzialmente capaci di tantissimo. 
La nuova generazione (vista nel complesso e nei limiti della generalizzazione, poiché vi saranno sempre eccezioni ad ogni giudizio) difetta di Ragione e Spirito. Manca la Ragione intesa, non come capacità intellettiva, ma come madre di pensieri. Difatti è comune che non circolino né idee né ideali, è comune che tra gli adolescenti di oggi l’attenzione sia principalmente rivolta allo smartphone, la favola illusoria che tengono tutto il tempo tra le mani.

Accompagna questo pietoso scenario l’ombra evanescente dell’italiano bello che ha abbandonato il teatro del mondo contemporaneo e che, certamente non per sua volontà, si è posato tutto mascherato da suoni confusi e pigri sulle bocche dei giovani che lo strapazzano senza vergogna. Che orrore assistere alla mutilazione di una lingua per opera di un’ignoranza testarda, che scempio immondo è troncare sempre più le parole. Ma qual è il problema? È forse un segno dei tempi e dell’inadeguata integrità della parola in giorni così rapidi? È la necessità di un linguaggio veloce, al passo con la legge del “tutto e subito”, elemento che aggrava ulteriormente la situazione odierna di stallo. È così che una terminologia povera e inconsistente, sia in relazione alla quantità che alla qualità, restringe in maniera significativa il pensiero critico, ed è questo il motivo per cui la gioventù di oggi è sempre più sull’orlo di un ritorno allo stato brado, in cui la comunicazione è un insieme di suoni brevi e indefiniti e lo scambio massimo di idee è un’unione polisillaba di lemmi spezzettati senza significato compiuto.

Dunque come può operare lo Spirito, che è volontà agente sulla Ragione, forza applicativa del pensiero e dell’idea, se non c’è nulla da proiettare nel mondo vero? Come si proietta nella realtà sociale l’essenza di un concetto, qualora questo dovesse nascere miracolosamente, con parole scarne e una flebile volontà, dal momento che ogni intima e vera aspirazione giace per inerzia in quell’odiosa favola illusoria?

È arrivata l’ora di poggiare con coraggio i telefoni e la sete di una popolarità effimera per guardare alle uniche due vie da percorrere: la prima, quella del regresso a uno stato intellettuale primitivo in cui l’unica traccia del progresso sarà la piccola grande macchina che si cingerà, come di abitudine, tra le dita; e questo è un cammino facile e piacevole nell’ottica di un godimento momentaneo ma doloroso nella prospettiva di un rimorso venturo assai più durevole. La seconda via è quella dell’autocoscienza dell’amore per se stessi, per la propria Ragione, per il proprio futuro e per la persona grande racchiusa in ciascuno di noi.

È il cammino per la salvezza di una gioventù capace di molto, eppure ancora oziosa e tristemente leggera.