di Margherita Parisi, V B classico
Torno a parlare di scrittori poco conosciuti. Insisto con Luigi Malerba e con un altro suo romanzo, dopo Itaca per sempre. Questa volta vi presento il fuoco greco.
Se la flotta bizantina riesce a mantenere il dominio del Mediterraneo per più di cinque secoli, prima e dopo il Mille, lo deve soprattutto al fuoco greco, una massa di proiettili che non si spegnevano a contatto con l’acqua e disintegravano le navi nemiche. La formula della composizione, rimasta sempre segreta, è la protagonista indiretta del romanzo di Malerba, che si addentra nella corte di Bisanzio dove domina la Reggente Teofane. La pergamena con la formula segreta del fuoco greco circola a corte seminando il terrore: chiunque sia sospettato di esserne in possesso viene punito con la morte. Per mezzo della pergamena Teofane imbastisce una serie d’intrighi e delitti con i quali si libera dei propri rivali, accusandoli di aver rubato la formula del fuoco.
Questo romanzo evoca un mondo di sopraffazione, crudeltà e lussuria in una severa ambientazione storica. Malerba si conferma maestro di trame e situazioni, atte a comporre il quadro di un’epoca atroce, dove i protagonisti smarriscono, senza accorgersene, il senso delle cose e la loro misura.
Il libro mi ha ricordato un’opera decisamente più conosciuta, Il nome della rosa. Di fatto in entrambi c’è un oggetto fatale e misterioso tramite il quale viene seminata la morte. Esso porta a cercare indizi, perfettamente oscurati sia nelle parole di Malerba come in quelle di Eco, per scoprire il segreto e porta anche a leggere tutto d’un fiato l’intreccio che si conclude realmente solo quando, verso la fine, negli ultimi capitoli si rivela il grande segreto: ciò che è nascosto nella biblioteca dell’Abbazia, o la formula del fuoco greco.
Buona lettura!