di Alessandro Vinciati, 4F SA
Lo scorso febbraio la mia classe ha avuto la possibilità di svolgere un viaggio di istruzione a Napoli e dintorni, visitando monumenti storici, siti archeologici come Ercolano e luoghi unici come la Reggia di Caserta ed il Parco Nazionale del Vesuvio. Facevano da cornice le spiegazioni di Storia e Storia dell’Arte delle settimane precedenti, principalmente riguardanti il periodo di dominazione borbonica, grazie alle quali noi studenti abbiamo svolto anche il ruolo di guida turistica durante tutto il percorso del nostro viaggio di istruzione. Quest’epoca visse un florido sviluppo culturale, sia per la cura del patrimonio artistico e archeologico che per le innovazioni di carattere economico e politico. Per questo è possibile ribaltare alcuni luoghi comuni sulla casata, opponendosi a quella parte di storiografia che la dipinge negativamente trattando solamente alcuni aspetti.
La città partenopea, fu sotto la guida del ramo spagnolo della dinastia dei Borbone a partire dagli anni ‘30 del Settecento con Carlo I, che amò il suo popolo tanto da impararne la lingua e restituì a Napoli l’antica indipendenza dopo oltre due secoli di dominazione straniera. Le sue riforme, di chiaro stampo illuminista grazie anche al contributo del ministro Tanucci, fecero di Napoli una delle capitali più prestigiose a livello internazionale. Dopo quasi trent’anni di Regno nel 1759, Carlo ascese al trono di Spagna con il nome di Carlo III, dichiarando la definitiva separazione tra la corona spagnola e quella napoletana e siciliana. Seguendo l’ispirazione riformista del padre, il figlio Ferdinando IV (successivamente Ferdinando I delle Due Sicilie), dopo il dolore per la morte del suo primogenito, optò per la realizzazione, sulla base di una sua residenza di caccia, di un progetto che potesse aiutare i sudditi in difficoltà dal punto di vista economico.
Nacque così la colonia tessile di San Leucio, specializzata nella produzione di seta e popolata da operai che vivevano in case a schiera di fronte allo stabilimento, seguendo un insieme di regole differente dal resto del regno: il Codice (o Statuto) Leuciano. Qui era prevista un’amministrazione locale eletta periodicamente in maniera democratica; qui i giovani si sposavano per amore senza interventi esterni dei genitori e la giornata lavorativa non poteva durare più di undici ore (mentre in Inghilterra il limite arrivava a sedici). I componenti della comunità godevano inoltre di un’istruzione gratuita ed obbligatoria. Per definire il grado di modernità delle misure adottate dalla piccola comunità, basterebbe ricordare come queste anticiparono di due secoli quelle di Adriano Olivetti e dello Statuto dei Lavoratori. Con San Leucio si può dire che nacque un vero e proprio Welfare Aziendale, un progetto che mirava ad un’uguaglianza tangibile, quasi utopica, rinnegando l’avidità e l’egoismo
San Leucio, oggi patrimonio dell’ UNESCO ed espressione materiale del Secolo dei Lumi, rappresenta per tutti e soprattutto per noi giovani una fonte di ispirazione ed un orizzonte di apertura e sperimentazione per la nostra realizzazione a livello umano, culturale e sociale.
Le foto qui pubblicate sono state scattate dall’autore dell’articolo, che ringraziamo per il suo contributo.